Anoressia, la testimonianza di Gemignani: “È un mostro che ti annienta, ma ho deciso di vivere e farmi curare”

Il consigliere comunale di Bagni di Lucca, in cura da gennaio, lancia un messaggio a chi soffre di Dca: “Fatevi aiutare, nessuno si salva da solo”

“Non ho più voglia di nascondermi, ho deciso di riprendere in mano la vita e sono sicuro che uscirò da questo tunnel”. A parlare è Claudio Gemignani – consigliere comunale di Bagni di Lucca e insegnante di religione -, che ha deciso di “spogliarsi” e raccontare la propria malattia. Gemignani è in cura dallo scorso 29 gennaio per un grave disturbo del comportamento alimentare (Dca), l’anoressia.

“Un disturbo subdolo, cattivo e che ti annienta”, così come lo definisce Claudio Gemignani, che però ha deciso, con coraggio, di rendere pubblica la propria testimonianza per trasmettere a tutte le persone che soffrono di Dca la forza di chiedere aiuto, affidarsi a specialisti e intraprendere un percorso di cura. I disturbi alimentari, infatti, sono una malattia che non va sottovalutata e che colpisce circa 3,5 milioni di persone in Italia: un numero, tra l’altro, che è preoccupatamene in aumento.

Da quando e come ti sei reso conto del disturbo?
“Il Dca, disturbo del comportamento alimentare, è un disturbo subdolo, cattivo, entrante, difficile da estirpare, ma non impossibile. Me ne sono accorto da anni, ma all’inizio uno cerca sempre di fare finta di nulla, di non vederlo, di dire che è tutto normale. Ma non è così. Nel mio percorso ho avuto dimagrimenti eccessivi, comportamenti disfunzionali, comportamenti ossessivi. Un esempio? Quando andavo a mangiare la pizza, toglievo tutti gli ingredienti sopra il pomodoro. Le lasagne? Invece di mangiarle in modo verticale normalmente, le smembravo e le mangiavo a strati orizzontali. A parità di prodotto, guardavo, prima di comprarlo, le calorie che aveva e ovviamente acquistavo quello con meno. Ero arrivato a non magiare quasi più nulla se non in alcuni rari momenti. La mia giornata iniziava con un cappuccino a colazione, ‘mangiando’ le paste solo con gli occhi; un macchiato a metà mattina, una mela o pera e uno yogurt al pasto, un succo a merenda, mentre a cena, pur con tutti i miei mille atteggiamenti disfunzionali, mangiavo qualcosa in più, come il sabato e la domenica. Ed è da qui che ho cominciato ad intuire che, forse, avevo bisogno di aiuto. Aiutato da chi avevo accanto. Nel tempo ho avuto il sondino naso gastrico, ho assunto vitamine, venivo seguito dai medici preposti come psicologi e psichiatri (la psichiatra la conosco da anni). Grazie a questo percorso mi sono reso conto che avevo bisogno di essere ricoverato. La mia consapevolezza unita alla loro spinta e determinazione. Ma ci sono voluti anni prima di arrivare a capire la gravità della mia situazione”.

Cosa comporta e quali sono le conseguenze?
“Beh, il disturbo alimentare comporta il proprio annientamento. Non pensi che al cibo, non pensi che a fare gesti disfunzionali e a fare un controllo sempre più stringente della tua alimentazione. ‘Ti alimenti’ con la mente e non fisicamente. Mi ritrovavo a guardare video e programmi culinari, a non far altro che a parlare di cibo e di tutto ciò che ruotava intorno ad esso. Ero arrivato perfino a trascurare gli affetti più cari, che dovevano fare i conti con un Claudio ormai fuori carreggiata. Innervosito, triste, fissato. Il disturbo, questo mostro, ti porta ad avere due tipi di dimagrimenti: fisico e mentale. E a risentirne ne è un po’ tutto. Non esiste nient’altro o l’altro lo vedi deformato dalla fame e da un nervosismo irreale. Dimagrisci e ti vedi bello (nel mio caso è il dimagrimento il Dca). Hai il terrore di quel numero che appare sulla bilancia. La bilancia diventa un mostro con cui lottare”.

Che terapia stai seguendo?
“Guardate, l’ammissione di avere questo disturbo, è molto, ma molto complicata, talvolta uno può arrivare anche a non ammetterlo mai. Io invece ho deciso di vivere e di farmi curare. Da anni sono in cura a livello ambulatoriale in una struttura che è una eccellenza internazionale. Con loro, arrivati a novembre ci siamo resi conto che la sola visita non bastava più ed abbiamo optato per un ricovero. Che ormai era irrimandabile. Quando ti viene fatta la diagnosi di Dca, la paura, la preoccupazione ed anche una certa dose di ‘vergogna’ ti assalgono. Vergogna perché in questa società di apparenza, abbiamo una ‘faccia’ da salvare. Ma ho messo tutto da parte e ho deciso di ricoverarmi, pur con qualche titubanza. L’alternativa era la morte. Senza dimenticare che soffro anche di una patologia autoimmune e sono in cura alla reumatologia di Pisa. Una malattia, il Behcet che, se trascurato, è pronto a ‘riuscire di nuovo”’. Adesso sto seguendo un percorso di riabilitazione nutrizionale, di psicoterapia e di aiuto farmacologico, in quanto è molto importante un aiuto multidisciplinare”.

Da quanto tempo sei ricoverato e quanto tempo devi restare in cura?
“Sono ricoverato dal 29 gennaio. Ho fatto una breve pausa, chiamata esposizione, intorno alle festività di Pasqua. Per poi rientrare in struttura oggi (8 aprile). Sarò ricoverato fino al momento in cui i dottori riterranno che il maggior numero di sintomi saranno spariti. Al Claudio del passato direi: basta con la vergogna, con le titubanze, con le paure. Affronta la vita, sii guerriero di te stesso”.

“Ho deciso di parlare, di rilasciare questa intervista, per dare testimonianza, in quanto personaggio che comunque ricopre un certo ruolo pubblico – prosegue Gemignani -. Si parla poi sempre di essere testimoni. Ad un certo punto ho deciso di smettere di provare vergogna e di parlare, con la speranza che qualcuno possa prendere coraggio, riconoscere il proprio stato e farsi curare. Io sono disposto ad aiutare e fare da tramite. In questa struttura dove attualmente sono, si trovano varie persone, che hanno deciso di prendere in mano la propria vita e di lottare, nessuno è solo. Purtroppo, molto spesso la gente prova vergogna dato che spesso il mondo, a partire dai mezzi di comunicazione, valorizza la perfezione e non ammette nessun inciampo”.

“Per poter accettare la propria condizione, bisogna avere accanto le persone giuste: devono essere positive e non disfattiste. Tengo infatti a fare dei ringraziamenti: Dio, Kety, la mia famiglia, i miei amici, i miei consiglieri colleghi, gli amici di partito, i miei alunni e le loro famiglie e colleghe/colleghi, i miei dottori, chi mi sta aiutando in tutte le mie attività che ho a Bagni di Lucca. Un ringraziamento alla marea umana di amore che mi ha inondato. Ai miei dottori. Dico a chi soffre di Dca, la cui giornata col fiocchetto lilla ricorreva il 15 marzo, che noi siamo persone, non il disturbo. Il mio parroco mi dice sempre una cosa: quando entri nel tunnel, attraversalo, è quella la sofferenza, ma sappi che in fondo c’è la luce. Sempre. Il disturbo alimentare non è una colpa, il disturbo alimentare non è una sentenza, ma soprattutto non è una scelta – conclude Gemignani -. Però noi abbiamo scelto la cura, abbiamo scelto la vita. Nessuno si salva da solo”.

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