Futuro delle Alpi Apuane, coro di no alle attività estrattive al convegno del Cai foto

Durante il dibattito chiesto un cambio di passo

In una saletta ex Archivio al completo di pubblico, la sezione Cai di Castelnuovo, con il presidente Luca Mori, ha aperto i lavori dell’evento, frutto della collaborazione fra le sezioni del Club Alpino Italiano (Lucca, Barga e Castelnuovo), Comitato Val di Lima e Val Fegana, La Libellula, Associazione Garfagnana Guide, Salviamo Le Apuane, Rifiuti Zero Italia, Comunità del cibo e dell’agrobiodiversità della Garfagnana, Federazione Speleologica Toscana sulle Alpi Apuane.

Come ha ribadito Mori, infatti, “la volontà, fin da subito, è stata soprattutto quella di raccordare tutti i movimenti, i gruppi e le associazioni locali attive da tempo sul fronte ambientale per intraprendere un cammino comune che, a livello di valle, sappia prendere una direzione coerente e decisa, capace di influenzare le politiche territoriali riguardanti il comprensorio apuano. La scelta del momento pre-elettorale per questo evento non è stata certo casuale anche se, come purtroppo quasi sempre accade, la partecipazione degli amministratori locali è stata minima”.

“Peccato – aggiunge Mori -, perché è stato un pomeriggio denso di contenuti, in cui si sono potuti toccare con mano i gravi problemi legati al fenomeno dell’estrattivismo del marmo e ascoltare molte testimonianze che evidenziano quanto la monocoltura del marmo sia deleteria per la risorsa acqua, suolo e qualità dell’aria, nonché per biodiversità apuana (fra le più ricche e peculiari d’Italia), penalizzante per la valorizzazione turistica e fruibilità agro-silvo-pastorale ed escursionistica della montagna”.

“Come vogliamo che diventino le Apuane da qui a 10, 15, 30 anni? In quali condizioni le consegneremo alle future generazioni? Riusciamo – si chiede il Cai di Castelnuovo – a concepire queste montagne uniche al mondo oltre i cinque anni di ordinaria amministrazione, tracciando per esse progetti innovativi di ampio respiro e realmente improntati sulla sostenibilità? Vogliamo continuare a distruggerle in nome della loro risorsa marmo o fermarsi e tentare la ricostruzione di un nuovo possibile equilibrio ambientale e socio-economico, dando forza all’operato di tutela e valorizzazione del Parco Regionale delle Alpi Apuane? Queste le domande che hanno fatto da filo conduttore dei vari interventi e a cui dobbiamo (amministratori in primis) una risposta, di fatto incalzata dal galoppare della crisi ecologica che caratterizza i nostri tempi e che, secondo le previsioni scientifiche, metterà sempre più a rischio la tenuta degli ecosistemi, l’acqua e dunque le risorse primarie da cui dipende la nostra vita. Per tutto ciò urge un nuovo modello economico, non più basato sulla depredazione, frutto di un’impostazione socio-economica lineare, speculativa e impattante, che riversa gli utili su pochi, impoverendo le comunità locali e accollando ad esse tutti i costi ambientali e i rischi idrogeologici, come bene emerso dall’incisivo intervento di Mauro Chessa, Cai Toscana, presidente commissione regionale tutela ambiente montano.” Del resto il Club Alpino Italiano è da sempre impegnato con fermezza per la causa apuana, come affermato da Benedetta Barsi, presidente Cai Toscana.

La relazione di Nadia Ricci, presidente Federazione Speleologica Toscana, ha fatto pienamente comprendere l’unicità dei fenomeni carsici apuani e le infinite strade sotterranee dell’acqua, in parte ancora da esplorare, compromesse dalla marmettola (polvere generata dai tagli del marmo) che occlude le cavità impedendo all’acqua di raggiungere le sorgenti e fa soccombere la vita animale e vegetale nei corsi d’acqua (basti pensare alle sorgenti del fiume Frigido o al Carrione a Carrara, che è diventato un fiume ‘‘di latte’’). La marmettola non è ‘‘una tipicità apuana’’ come affermato da un noto politico, ma un problema che, compromettendo l’approvigionamento idrico, necessita di essere affrontato con la massima serietà, magari dando di nuovo potere di azione agli organi di controllo deputati, come Arpat.

Anche Rossano Ercolini, presidente Rifiuti Zero Italia e Europa, da sempre vicino ai movimenti locali che in passato si sono battuti contro l’inceneritore di Castelnuovo e il progetto del pirogassificatore di Fornaci di Barga, ha speso un discorso appassionato sulla “negatività e anacronisticità dell’economia lineare, da rigettare a favore di quella circolare – si spiega in una nota -, in linea con le direttive europee e la nuova coscienza di quei cittadini virtuosi che, con il loro operato quotidiano, vogliono contribuire al bene del pianeta”. Non a caso il suo ultimo libro, edito da Baldini e Castoldi, ha come titolo Noi siamo oceano. Manifesto per un’ecologia del cambiamento. “Per tutto ciò sarebbe opportuno uno sforzo collettivo – è stato spiegato -, ad esempio aderendo al protocollo ‘Rifiuti Zero’, con un conseguente ritorno di immagine per un territorio come il nostro, così vocato alla valorizzazione turistica”.

Il ricco dibattito, coordinato da Lucia Giovannetti, ha visto l’alternarsi di esperienze e vedute significative.E’ stato aperto dal neo-presidente del Parco Regionale delle Alpi Apuane, nonché sindaco di Castelnuovo, Andrea Tagliasacchi, che ha messo in guardia “da scorciatoie pericolose come la scelta di far diventare le Apuane un parco nazionale non sentito dalle amministrazioni e dalle comunità, delineando invece possibili altre strade di progettualità di respiro europeo, in sinergia con centri di competenza e enti di ricerc”a.

Rossanna Giannini del comitato ‘Comunità civica della Cappella ha sintetizzato il rischio per le frazioni montane del comune di Seravezza di perdere i beni di uso civico a loro spettanti di diritto in relazione al Monte Altissimo che l’amministrazione comunale di Seravezza sta infatti per cedere all’azienda marmifera Henraux Spa, attraverso una conciliazione reputata ingiusta e illegittima. “Si tratta di circa 700 ettari di territorio comunale, fra l’altro ricco di sorgenti – è stato spiegato -, che rischia una irreversibile privatizzazione”. La gravità di questa operazione è stata rimarcata anche da Leonardo Mazzei (Fronte del dissenso) e da lui inquadrata nel più generale e sfaccettato quadro di ‘‘rapina marmifera’’ in atto sulle Apuane, “disattendendo gli articoli 9 e 41 della nostra Costituzione”. Contro la vendita dell’Altissimo Mazzei ha proposto una manifestazione da tenersi a Seravezza.

La comunità del cibo e dell’Agrobiodiversità della Garfagnana e Garfagnana Guide hanno richiesto attenzione al comparto economico incentrato sull’ospitalità turistica e le produzioni agroalimentari di qualità per il quale ‘‘l’effetto cava’ delle Apuane è deleterio”. “I turisti e gli escursionisti provenienti soprattutto dal Nord Europa – è stato spiegato – rimangono turbati dalla distruzione in atto sulle nostre montagne tanto da scoraggiare gli operatori a inserirle come proposta di visita nei loro pacchetti turistici. In questo modo l’economia della piccola e diffusa imprenditoria locale, che vive delle ricchezze paesaggistiche della montagna e che frena lo spopolamento della terre alte, viene penalizzata dalla monocoltura del marmo. Anche Elena Picchetti ha ribadito la necessità di una maturazione culturale che permetta di concepire quanto paesaggio e risorse naturali, nel loro insieme, possano costituire la base di un’alternativa allo sfruttamento apuano”.

Benedetta Treves, geologa dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse (Cnr Firenze), è venuta a testimoniare la sua conoscenza e passione per questa catena montana unica nel suo genere invitando a esprimere le potenzialità legate ai geositi apuani riconosciuti dall’Unesco. Similmente, un gruppo di giovani da Pistoia, appassionati delle Apuane, ha letto un accorato appello scritto “affinché queste montagne, attraverso una rapida approvazione del nuovo piano integrato del Parco Regionale delle Alpi Apuane, strumento attuativo del mandato dello stesso Parco”, vale a dire il ‘‘perseguire il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali mediante la tutela dei valori naturalistici, paesaggistici ed ambientali e realizzare un equilibrato rapporto fra attività economiche ed ecosistema’’ ricevano tutta la tutela che meritano, partendo dalla chiusura graduale delle cave più impattanti (un esempio eclatante è la cava della Focolaccia che sfigura la linea di crinale in deroga alla Legge Galasso, come ci ha ricordato Dino Ferri).

Gli organizzatori del convegno, “ben consapevoli che la montagna debba essere posta al centro delle politiche territoriali di tutte le amministrazioni secondo una visione nuova e filoambientale”, si propongono di continuare a impegnarsi con costanza su questa strada di sensibilizzazione e azione collettiva, decisamente a favore di un futuro di sostenibilità per le Apuane e la montagna in generale.

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