Il coronavirus mette in stallo l’industria: produzione crollata di oltre il 12% in Provincia

Confindustria vede nero. Grossi: "Smaltimento rifiuti e infrastrutture necessarie al rilancio, in Regione serve un cambio di passo"

Un quadro fosco per quanto prevedibile: i mesi di lockdown hanno impattato pesantemente, così come hanno inciso e incidono tuttora la stasi dei mercati e l’incertezza sull’evoluzione della situazione sanitaria. E’ quanto emerge dalla rilevazione congiunturale condotta dal Centro studi di Confindustria Toscana Nord sul secondo trimestre 2020. Proprio alla luce di questi dati Confindustria, in vista delle prossime elezioni regionali, chiede all’amministrazione futura di mettere al primo posto le imprese, a partire da quelle manifatturiere e di investire nelle infrastrutture che permettano alle aziende toscane di rimanere competitive a livello internazionale.

Per il complesso dell’area Lucca-Pistoia-Prato la produzione ha segnato nel secondo trimestre 2020 una contrazione del -20,2% rispetto allo stesso periodo del 2019. Il dato nasce da risultati provinciali molto diversi gli uni dagli altri, a loro volta dovuti alla diversa distribuzione nei rispettivi territori dei settori essenziali che hanno sempre lavorato e di quelli su cui invece ha impattato il lockdown e che hanno ripreso l’attività il 27 aprile o il 4 maggio: Lucca -12,7%, Pistoia -17,3%, Prato -33,9%. Dati che non sorprendono, ma comunque di eccezionale gravità; per darne la misura, il precedente ‘periodo nero’, quello del 2008-2009, produsse una contrazione della produzione industriale dell’11,2% a Lucca, del 13,1% a Pistoia, del 18,2% a Prato (indagine Unioncamere Toscana, dati relativi all’anno 2009).

tabella confindustria su crisi imprese a lucca

La rilevazione congiunturale è stata condotta su un campione di 500 imprese con più di dieci dipendenti e comprende anche domande sulla raccolta ordini e sulle previsioni per il terzo trimestre: anche in questo caso i dati rimandano a una situazione molto delicata, all’insegna di una stasi più o meno accentuata a seconda dei settori e, di nuovo, dei territori che vedono una maggiore o minore presenza di quelli più performanti. Un quadro molto preoccupante, in linea con l’allarme che si registra a livello nazionale per l’economia e per l’occupazione che varia non tanto a livello territoriale quanto a livello settoriale. Tra i settori maggiormente colpiti ci sono il manifatturiero, edilizia e il turismo.  Tra i meno colpiti c’è invece quello alimentare, che non si è fermato durante l’emergenza.

tabella confindustria su crisi imprese a lucca

“Il periodo di lockdown ha bloccato totalmente alcuni mercati, annullato le fiere e impedito alle persone di muoversi per promuovere i prodotti – ha spiegato questa mattina (27 luglio) il presidente di Confindustria Toscana nord Giulio Grossi -. In questi mesi abbiamo dato aiuto alle imprese, ci siamo mossi per dare assistenza  e cassa integrazione e far fronte al problema della liquidità ma dobbiamo fare uno sforzo comune. Proprio perché siamo all’inizio della campagna elettorale per l’amministrazione della Regione Toscana vorremmo che questa drastica situazione fosse uno stimolo per accendere i riflettori sui temi cari alle imprese, a partire dalle infrastrutture ma anche dello smaltimento dei rifiuti. Noi non ci stiamo ad essere additati come quelli che non vogliono cercare soluzioni alternative ai termovalorizzatori. Da sempre vogliamo ridurre la produzione di rifiuti industriali ma crediamo che per chiudere il ciclo dell’economia circolare in questo momento gli impianti servano così come sia necessario avere una pianificazione regionale su questi interventi. Un altro cambio di passo necessario è quello delle agevolazioni alle imprese, in linea con i recenti atti regionali per snellire iter nei bandi ed erogare contributi, sui quali la Regione deve continuare a investire. Infine vorremmo che la Toscana fosse attenta a un settore come quello manifatturiero che crea occupazione e bellezza”.

La questione dello smaltimento dei rifiuti per Confindustria rimane un tema centrale per poter garantire un futuro alla competitività delle imprese toscane. “Nei giorni scorsi i colleghi dei settori moda, cartario, edilizia e lapideo sono tornati con forza sul tema della gestione degli scarti e dei rifiuti. Un tema su cui la nostra associazione ha investito tempo e risorse, mobilitando imprenditori, tecnostruttura e consulenti per anni di riunioni fiorentine che alla fine non hanno partorito soluzioni spendibili nella vita quotidiana delle imprese – prosegue Grossi-. La questione rifiuti è l’emblema di come non va gestita la politica industriale. Approcci ideologici, tergiversazioni, compiacenza verso comunità che andrebbero aiutate a capire l’utilità di certe infrastrutture e non abbandonate a propri timori infondati ed a convinzioni sbagliate instillate ad arte. Si è arrivati a dire che non è vero quanto sosteniamo, e cioè che l’economia circolare comprende anche la valorizzazione energetica dei rifiuti non altrimenti recuperabili. Eppure non c’è documento ufficiale, europeo e internazionale, che non lo affermi”.

“Sul piano delle infrastrutture su cui la Regione ha a vario titolo un ruolo, non ci sono solo gli impianti di smaltimento dei rifiuti: vi rientrano gli adeguamenti della linea ferroviaria Firenze-Viareggio, che, raddoppiata praticamente e finalmente fino a Montecatini, ha difficoltà a essere potenziata nel tratto ulteriore, in direzione di Lucca, nonostante la valenza strategica del collegamento con l’alta velocità e del potenziamento del trasporto merci – va avanti ancora Grossi -. La Regione ha un ruolo importante anche nelle operazioni preliminari alla realizzazione all’asse di penetrazione al porto di Viareggio, fortemente atteso soprattutto dalle imprese della nautica; confidiamo che dalla Regione continui ad arrivare sostegno anche per gli assi viari di Lucca. A chi guiderà la Regione chiediamo un cambio di passo e un approccio pragmatico all’insegna della concretezza, della sburocratizzazione e della semplificazione. Un approccio che dovrebbe essere esteso anche all’ambito delle agevolazioni per le imprese: esiste un recentissimo atto di indirizzo che sembra andare in questa direzione, speriamo che gli vengano date gambe. E’ indispensabile che questo avvenga, perché le agevolazioni hanno un’incisività oggi compromessa dalla lentezza degli iter dei bandi e sono rese poco appetibili da troppi appesantimenti. Perizie giurate o asseverate da parte di professionisti, richieste anche per progetti di limitata entità, significano costi; se a questi si aggiunge il ricorso a modalità complesse e diverse per la presentazione delle domande, il frequente mancato rispetto dei tempi per la pubblicazione delle graduatorie e la tardiva erogazione dei contributi, si può comprendere come anche queste misure si svuotino almeno in parte di efficacia”.

“Quella che abbiamo davanti è una sfida epocale che va affrontata con la massima determinazione. – aggiunge il vicepresidente di Confindustria Toscana Nord Daniele Matteini -. Paghiamo un’inerzia dovuta a sbagli del passato e la pandemia dovrebbe farci riflettere sul fatto che non possiamo attardarci oltre. La nostra regione sembra non saper capitalizzare le sue risorse e le sue capacità. Abbiamo settori tra i migliori per il riuso dei rifiuti ma anche in queste attività si producono piccolo residui che devono essere smaltiti e per essere smaltiti servono impianti che chiudano il ciclo virtuoso. La nostra richiesta unita è che venga avviato questo processo senza più rimandi né ritardi. La Toscana che ci piace è una regione che investe, che sta vicina alle imprese e non rende loro la vita difficile. Vorremmo una regione che crede nella sostenibilità ed è consapevole che per ottenerla non bisogna guardare al passato ma al futuro, a nuovi materiali, nuovi processi, all’educazione ambientale delle comunità; che a questi temi ha un approccio razionale e scientifico e non sterilmente nostalgico e orientato al ‘no’. Bisogna invece dire sì all’innovazione, anche applicata all’impiantistica e alle infrastrutture”.

“Anche l’innovazione realizzata dalle imprese va sostenuta di più e meglio, per esempio, ma non soltanto, nell’ambito della digitalizzazione divenuta ancor più centrale in conseguenza delle limitazioni ai contatti personali e ai trasferimenti imposte dalla pandemia – va avanti Matteini -. Pensiamo anche soltanto alla promozione digitale dei prodotti e alla manutenzione a distanza di macchine e impianti. Esauriti i fondi europei Por Fse 2014-2020 per l’acquisizione di servizi per l’innovazione, è importante che la Regione Toscana trovi risorse, interne o esterne, per dare continuità a questo strumento, snellendo anche l’iter dei bandi per facilitarne la fruizione. Ricordo anche che la Regione ha un ruolo significativo sul piano del credito: il ‘voucher garanzia’ di recente istituzione è una buona iniziativa ma, come hanno richiesto Confindustria Toscana e altre associazioni di categoria, per avere una reale significatività è necessario che passi dall’1% ad almeno l’1,5%. Opportuno inoltre un innalzamento del tetto per le spese ammissibili, così da intercettare anche investimenti di spessore consistente”.

“Siamo a uno snodo cruciale a livello internazionale, a un passaggio critico a cui il nostro territorio non può sottrarsi – aggiunge il vicepresidente di Confindustria Toscana Nord Francesco Marini -. Anche se vogliamo sperare che l’emergenza sia superata in Italia, continua a colpire in molti paesi, inclusi alcuni fra i mercati più importanti per le nostre produzioni: situazione questa molto negativa soprattutto per i settori più orientati all’export fra cui la moda, come si evidenzia dai crudi dati su raccolta ordini e previsioni che emergono dalla rilevazione congiunturale. A settembre con la ripresa delle fiere dovremmo assistere a una ripartenza della moda, anche se non ci facciamo illusioni su impennate del tutto improbabili. Fiere che dovranno essere ripensate alla luce della situazione sanitaria. Del resto quando insistevamo per accelerare la riapertura degli stabilimenti abbiamo sempre precisato che era necessario farlo per portare a compimento gli ordinativi arrivati precedentemente al lockdown e per presidiare mercati che immaginavamo già esigui e pertanto da curare con estrema attenzione. L’impossibilità di recuperare ordini nei mesi di chiusura segnerà i mesi che verranno”.

“Le politiche regionali possono dare un aiuto: ad esempio, il bando per gli incentivi all’acquisto di servizi a supporto dell’internazionalizzazione è uno strumento strategico che è auspicabile continui ad essere alimentato dai fondi europei e che, in ogni caso, dovrebbe avere un’apertura continua, a sportello – va avanti Marini -. Mercoledì scorso, invece, il bando è stato aperto e chiuso nel giro di poche a causa sia di problemi tecnici che di esaurimento risorse: una situazione incresciosa che non dovrebbe mai più ripetersi. La pandemia ha spinto le imprese a rivedere parte della propria organizzazione interna e di orientamento al mercato, con la conseguente necessità di acquisire nuove competenze. Anche a questo proposito le politiche regionali possono dare un contributo significativo sui versanti sia dell’innovazione che dell’education, prestando maggiore sostegno al sistema formativo per il settore manifatturiero; rafforzando il canale formativo biennale postdiploma degli Its – Istruzione Tecnica Superiore; semplificando e sburocratizzando il sistema della formazione professionale”.

tabella confindustria su crisi imprese a lucca

“Da toscani dispiace fare paragoni impietosi fra la nostra regione e altre – conclude Grossi -. Però se confrontiamo la Toscana con, ad esempio, la Lombardia o l’Emilia Romagna si vede come analisi della competitività, indici di sviluppo, dati economici in generale ci pospongano regolarmente a loro. Il capitolo termovalorizzatori la dice lunga: 13 impianti in Lombardia, 8 in Emilia Romagna, con prestazioni ambientali di tutto rispetto che vedono anche una consistente riduzione della produzione di CO2, dato che produrre calore da rifiuti consente di risparmiare carburanti fossili. La Toscana ha un approccio diverso e decisamente meno virtuoso. Non c’entra, evidentemente, l’orientamento politico degli amministratori. C’entra il modo di concepire l’amministrazione di una regione”.

 

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