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Gaza, si mobilitano 110 docenti dell’Isi Barga: “La scuola non è neutrale di fronte a disumanità e ingiustizia”

6 ottobre 2025 | 18:09
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Gaza, si mobilitano 110 docenti dell’Isi Barga: “La scuola non è neutrale di fronte a disumanità e ingiustizia”

Tra i dati rilevati, l’impossibilità per 660mila bambini palestinesi di accedere all’istruzione per il terzo anno consecutivo

La scuola non è neutrale: si fermi il massacro a Gaza. È questo il titolo dato alla dichiarazione discussa e firmata da un’ampia maggioranza di docenti dell’Isi di Barga. La volontà è quella di far sentire forte la voce degli insegnanti affinché si fermi il genocidio in corso, vengano ripristinati i diritti umani e venga data una speranza e una prospettiva di vita buona e realisticamente realizzabile al popolo palestinese. 

Nel documento i 110 docenti firmatari esprimono anche la volontà di fornire un messaggio educativo e una testimonianza credibile agli studenti e alle studentesse attraverso una presa di posizione chiara e pubblica in favore della pace, della dignità umana e della legalità internazionale.

“Non possiamo tollerare – si legge – che il nostro paese, così come l’Unione Europea, continui a sostenere o giustificare, omettendo le proprie responsabilità o attraverso l’invio di armamenti, un regime di apartheid, un’occupazione militare sistematica, una politica coloniale e una violenza armata indiscriminata che colpisce la popolazione civile. Non possiamo più permetterci di rimanere in silenzio: la storia che insegniamo ogni giorno nelle nostre classi ci chiede coerenza. Quello che accadde durante l’età delle conquiste coloniali e durante la Seconda guerra mondiale – e che la storiografia ha definito senza esitazioni genocidi – sta accadendo oggi sotto i nostri occhi. È nostro dovere denunciare la drammatica situazione palestinese e chiedere a gran voce l’inizio immediato di soluzioni diplomatiche che portino alla fine delle ostilità”.

La voce dei docenti dell’Isi di Barga si aggiunge a quella dei tanti altri docenti delle tante scuole di Italia dalle quali, in questi giorni, si è levato un grido di dolore: la cultura che viene trasmessa ed elaborata a scuola non può infatti restare impermeabile davanti al massacro che si sta perpetrando a Gaza, anche con l’utilizzo di armi italiane.

“In qualità di docenti, riteniamo che il nostro lavoro non si esaurisca nella trasmissione di conoscenze, ma includa la responsabilità̀ profonda di formare cittadini e cittadine consapevoli, capaci di osservare criticamente la realtà, di riconoscerne le dinamiche, di nominarle per ciò che sono e di assumersi la responsabilità di prendere posizione. Educare è un atto etico e anche politico: implica il coraggio di scegliere da che parte stare, soprattutto nei momenti storici in cui i valori fondanti della convivenza civile vengono messi in discussione”, si legge nelle premesse al documento sottoscritto.

“Non è sufficiente richiamarsi alle competenze chiave europee, come il pensiero critico, la cittadinanza attiva, la consapevolezza sociale, se, come comunità educante, non siamo disposte e disposti a metterle in pratica nei nostri contesti professionali e pubblici. È per questo che è ormai doveroso, come docenti, interrogarci e prendere posizione rispetto a ciò̀che accade oggi nel mondo, in particolare all’assedio che colpisce il popolo palestinese da decenni e che negli ultimi due anni ha assunto forme e dimensioni che molte voci autorevoli della comunità̀ internazionale non esitano più a definire genocidarie. A Gaza – informano i docenti – 660mila bambini e ragazzi ad oggi sono privati dell’istruzione per il terzo anno consecutivo (fonte Unrwa). Per descrivere tutto questo si può usare il termine ‘educidio’ o ‘scolasticidio’ che indica la sistematica demolizione dei centri di educazione in Palestina e che è stato coniato da Karma Nabulsi, fellow in politics, all’Università di Oxford nel 2009″.

“Sappiamo che una parte dell’opinione pubblica internazionale, anche grazie alla mobilitazione della società civile, dei sindacati e dei movimenti studenteschi, ha cominciato a prendere posizione, seppure con timidezza e ritardo. Tuttavia, gli eventi incalzano e la guerra, il riarmo, la distruzione del diritto internazionale e il ritorno a logiche autoritarie sembrano accelerare. La ripresa dell’anno scolastico a settembre sta avvenendo in uno scenario ancora più grave: per questo è urgente che il mondo della scuola, e in particolare il corpo docente, faccia sentire ora la propria voce. Abbiamo, infatti, il dovere, come educatori e educatrici, di fornire una testimonianza credibile ai nostri studenti e studentesse, mostrando loro che davanti alle ingiustizie e violazioni dei diritti umani non si può rimanere neutrali o tolleranti, poiché questo rischierebbe di collocarsi sul piano di coloro che hanno scelto la via dell’indifferentismo“.

“Pertanto – concludono i 110 docenti dell’Isi di Barga – esprimiamo una ferma condanna di ogni forma di occupazione, apartheid, colonialismo e genocidio, con particolare riferimento alla situazione in Palestina; ci impegniamo, come educatori e educatrici, nel promuovere la consapevolezza storica e il senso critico nelle nostre classi, anche rispetto all’attualità e al contesto geopolitico; ci impegniamo, fin dall’inizio dell’anno scolastico, a proporre momenti di riflessione pubblica, anche in collaborazione con gli studenti, le famiglie e il territorio, sui temi della pace, dei diritti umani e del diritto internazionale; trasmetteremo questa dichiarazione ai media, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica; ribadiamo con forza che la scuola non può essere neutrale di fronte alla disumanità e all’ingiustizia, e che il nostro ruolo educativo implica una presa di posizione chiara e pubblica a favore della pace, della dignità umana e della legalità internazionale”.