Falsi testamenti: 3 fratelli di Minucciano in manette

di Roberto Salotti
Presentavano e facevano registrare falsi testamenti olografi di anziani defunti, intestandoli a prestanome o complici, all’insaputa dei legittimi eredi, aspirando a fare soldi facili alle loro spalle: mettendo immediatamente sul mercato delle compravendite immobiliari prestigiosi appartamenti, a Pisa e a Livorno, o terreni edificabili nella zona vip di Forte dei Marmi, Roma Imperiale. Un giro d’affari di diversi milioni di euro, che tre fratelli della Garfagnana, avevano intenzione di spartirsi, programmando colpi da qui al 2027.

Una vera e propria associazione a delinquere a conduzione familiare, sostengono i carabinieri della compagnia di Castelnuovo, diretti dal maggiore Giorgio Picchiotti e della compagnia di Viareggio, guidati dal capitano Edoardo Cetola, che ieri hanno eseguito nei loro confronti tre ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip Antonia Aracri, su richiesta del pm Enrico Corucci. In carcere sono finiti Fabio Canozzi, 41 anni, consulente finanziario di Minucciano, ritenuto la mente della gang, che dieci anni fa si era candidato a sindaco nel comune Garfagnino e il fratello Giancarlo, 53 anni, ex operaio per una ditta di escavazioni in Russia e attualmente disoccupato. Ai domiciliari è finito anche l’altro congiuro, Giuliano, 51 anni, anche lui già noto alle forze dell’ordine e con precedenti.
Secondo l’inchiesta che ha permesso di ricostruire un meccanismo gelatinoso ma a quanto pare ben collaudato, in ballo c’erano dai 20 ai 30 immobili sparsi tra la Garfagnana, la Versilia – Forte dei Marmi ma anche Massa Carrara -, Pisa e Livorno.
Un “sistema” che aveva iniziato a presentarsi davanti agli occhi degli inquirenti nel novembre del 2017, quando alla caserma dei carabinieri di Forte dei Marmi un professionista si era presentato dopo aver scoperto, facendo la visura catastale di un terreno che riteneva di sua proprietà, che quel podere risultava invece intestato ad un’altra persona. Gli uomini diretti dal luogotenente Giuseppe Alaimo hanno iniziato a scoperchiare un vaso di Pandora. Attraverso gli accertamenti sul caso, si è risaliti ai tre fratelli della Garfagnana, in casa dei quali, nel corso delle perquisizioni, è stata sequestrata la documentazione utilizzata per il confezionamento dei testamenti falsi (di tre ne è stata trovata copia), una procura generale ritenuta fasulla dagli inquirenti e che dava mandato di disporre dei beni di un povero defunto a Fabio Canozzi, e carte che per gli inquirenti costituirebbero la prova che i tre stavano organizzando una serie di altri colpi del genere: una lista di terreni e particelle catastali, corredata di aerofotogrammi e indicazioni su come agire per redigere e far registrare i relativi testamenti falsi. Iniziando, spiegano gli investigatori, anche dalle proprietà degli stessi parenti in Garfagnana.
Ma il filone versiliese ben presto è andato a collegarsi con la fitta trama tessuta per gli inquirenti dai tre fratelli proprio a partire dalla Garfagnana. Qui e in particolare a Minucciano si consuma uno degli episodi contestati ai tre fratelli.
Un’altra truffa del falso testamento emerge infatti nel dicembre del 2018, quando alla stazione dei carabinieri di Gramolazzo si presenta un legittimo erede, designato nel testamento di un anziano 87enne deceduto nell’agosto di quell’anno e che, dopo averlo adottato, gli aveva lasciato terreni e proprietà, in Garfagnana e a Pisa. L’uomo era stato infatti convocato da un notaio di Aulla per la lettura del testamento del padre adottivo, scoprendo che era stato nominato erede universale al suo posto Franco Malatesta, 65 anni, colpito da un obbligo di firma alla pg per concorso nelle truffe e falsità di documenti. Per gli inquirenti un complice prestanome dei tre fratelli, grazie a cui erano già state avviate trattative per la vendita del patrimonio, in particolare di un appartamento in centro a Pisa, che l’erede – quello vero – aveva affittato a degli studenti brasiliani. Un fatto che era emerso in tutta la sua singolarità quando gli acquirenti si erano presentati con l’agenzia a visitare l’immobile, per il quale avevano versato una caparra simbolica di mille euro. Con questi elementi erano scattati i sequestri preventivi delle proprietà del defunto 87enne di Minucciano, mentre l’indagine – ormai svolta in collaborazione fra i carabinieri della Versilia e quelli della Garfagnana – è proseguita per ricostruire la presunta trama tessuta dai tre fratelli, accusati di associazione a delinquere finalizzata a vario titolo alle truffe aggravate, riciclaggio, impiego di denaro e beni di provenienza illecita oltre che di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, falsità in scrittura privata, falsità di documenti equiparati agli atti pubblici e falsa attestazione o dichiarazione sull’identità.
In Versilia quella dei terreni di Roma Imperiale non sarebbe stato l’unica truffa. I carabinieri contestano ai tre anche un altro episodio dove parte lesa è anche l’amministrazione comunale di Forte dei Marmi. I tre, infatti, avevano cercato di vendere ad una donna di Cremona che ha una seconda casa al Forte un terreno confinante (in parte di proprietà del Comune) in modo da risolvere un problema di passo. In quel caso si era fatta garante, secondo gli inquirenti, la compagna di Giancarlo, una giovane donna russa, che risulta iscritta al momento nel registro degli indagati nell’ambito di questa inchiesta. Il nome della madre della donna è stato tra l’altro utilizzato per intestare il testamento di una anziana proprietaria di un immobile a Livorno.
A Pisa, gli affari dei tre fratelli sono stati fermati con un provvedimento di sequestro dell’appartamento del centro, che era stato messo in vendita dai tre a 250mila euro.
Secondo quanto ipotizzato dall’accusa, forse con la complicità – al momento tutta da verificare – di qualche altro professionista, i tre dopo aver acquisito mappe castali attraverso gli uffici dei vari Comuni dove intendevano colpire, si concentravano su quelle proprietà di cui sapevano esser passati a miglior vita i proprietari. O perché lo apprendevano dalle chiacchiere di paese o perché erano loro stessi parenti. Una volta individuata “la vittima perfetta”, secondo gli inquirenti, i tre si dividevano i compiti: il consulente gestiva l’affare nel suo complesso, mentre dei dettagli tecnici, sempre stando all’accusa, si incaricavano gli altri due fratelli: nel caso di Minucciano, per l’accusa, era stato facile perfino falsificare il testamento olografo dell’anziano morto perché qualche anno prima aveva venduto una proprietà ad un parente e i tre erano venuti in possesso della scrittura privata che aveva sancito quel passaggio di mano. Ma gli inquirenti credono che i tre avessero organizzato un sistema ben congegnato anche per truffe da compiere in futuro. Nelle abitazione dei tre fratelli, infatti, sono stati sequestrati documenti, loghi di istituti scientifici da usare per eventuali false perizie su contestazioni sui testamenti e perfino una falsa procura generale di un morto, lasciata in mano a Fabio Canozzi, che viene ritenuto dagli inquirenti la mente dell’organizzazione. Insieme c’era un fitto elenco di obiettivi da colpire, con anche le previsioni sui momenti opportuni di presentazione dei testamenti. Da qui al 2027.

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