Altare, Tamagnini: “Non tocca a noi intervenire”

A Villa Collemandina sono apparsi nuovi striscioni, la mano che li ha collocati ancora una volta formalmente è ignota, ma sta di fatto che nelle ultime ore di oggi è stato srotolato uno striscione che reca la scritta: Predicate bene e razzolate male e altri due vessilli su cui si legge: Questo è l’inizio e ancora Il prezzo dell’affare 30 denari con un chiaro rimando alla vicenda evangelica di Giuda e del tradimento di Cristo. La storia a cui fanno riferimento però non è la crocifissione di Gesù ma quella dello spostamento dell’altare.

A suggellare un clima che sta diventando sempre più esplosivo poi arriva la lettera del sindaco Dorino Tamagnini, che forse proprio per chiamarsi fuori da questa vicenda con il senso di responsabilità che spetta a chi rappresenta un intero paese e non una parte di esso, ha deciso di intervenire in modo un po’ draconiamo, ma molto chiaro rivendicando la terzietà dell’amministrazione comunale e del comune di fronte a questa vicenda.
La vicenda dello spostamento dell’altare o meglio di parte di esso, che vede da un lato il parroco deciso a fare questa operazione, dall’altro i parrocchiani contrari a questo intervento architettonico all’intero della chiesa, ora è nuovamente nelle mani della Sovrintendenza che deve dare un ulteriore e forse finale parere. Una situazione ferma da mesi. Nel frattempo un clima di veleni, striscioni lettere, risposte più o meno pubbliche, atti dimostrativi e carte recanti l’intestazione di studi legali. Ultimo passaggio l’intervento del sindaco, che con un comunicato dice chiaramente che il comune non può e non vuole essere parte in causa in questa vicenda senza parteggiare ne per il parroco, ne per i parrocchiani.
In primo luogo Tamagnini interviene chiedendo a tutti di riportare il dibattito sullo spostamento dell’altare nei toni e nei modi che si convengono ad una civile contrapposizione. Poi ribadisce il fatto che l’amministrazione non vuole entrare nella disputa tra parroco e fedeli e soprattutto dice: “Non spetta a noi giudicare don Dini a noi spetta solo rispondere alle accuse rivolte alla nostra amministrazione ed esposte, a nostro avviso in maniera al quanto imprudente”. Una sorta di esortazione quindi a non travalicare i termini e i modi di un civile dibattito e porre attenzione a non ledere il buon nome dell’amministrazione e dei suoi esponenti.
Poi Tamagnini aggiunge: “Noi non siamo nemici di nessuno e non abbiamo mai avuto un atteggiamento persecutorio nei confronti della parrocchia”.
“L’unico momento in cui il comune è intervenuto nella vicenda altare – continua il primo cittadino – è quando l’ufficio tecnico comunale, in sede di rilascio di una Dia (ovvero dichiarazione di inizio attività il documento con cui si comunica l’apertura di un cantiere al Comune ndr) aveva richiesto un chiarimento alla Sovrintendenza delle Belle arti”. Ovvero un parere agli organi competenti su un intervento architettonico come prevede la legge e i protocolli. “Non si capisce – dice infatti Tamagnini, non senza un pizzico di esasperazione nelle sue parole – come ciò possa determinare la chiamata in causa dell’amministrazione comunale e definirla nemica e persecutrice della parrocchia”. Alla fine il sindaco ribadisce un concetto importante, che forse nell’Italia odierna si è dimenticato, ma che è alla base della nascita dello Stato italiano nell’epoca post risorgimentale e quindi un principio fondante dello Stato ancora prima che diventasse Repubblica dicendo: “Come soggetto istituzionale dobbiamo gestire gli interessi della popolazione non certamente intervenire sulle scelte in materia di culto o religione; questo non significa però che singoli componenti della nostra amministrazione non possano esprimere il proprio dissenso sulle decisioni prese dal parroco”.

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