Parco: stop cave al Pizzo d’Uccello

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No all’attività estrattiva nei bacini del Pizzo d’Uccello. E’ il provvedimento assunto dal parco delle Alpi Apuane, il cui presidente Alberto Putamorsi ha firmato ieri, assunte le funzioni del consiglio direttivo non ancora nominato, la delibera per la tutela del bacino idrografico del Solco d’Equi dalle trasformazioni prodotte dalle cave.

Il percorso per arrivare all’adozione dell’atto non è stato semplice – spiega l’ente Parco -, soprattutto per la presenza di numerose norme in materia, l’incertezza sulla potestà legislativa e l’assenza di un’indicazione chiara del perimetro dell’area soggetta ai vincoli prescrittivi del Pit (Piano di indirizzo territoriale) della Regione Toscana. “Si è reso necessario – aggiunge il presidente – il parere del comitato scientifico del Parco. Alla fine, il combinato disposto tra il Pit, il piano del parco e tutti vincoli contenuti nella normativa vigente, ha consentito al presidente di produrre un’interpretazione a tutela di uno dei luoghi di maggior valore e pregio ambientale, naturalistico e paesaggistico delle Alpi Apuane e del Parco Regionale stesso ed emanare gli indirizzi in merito al bacino idrografico del Solco d’Equi. Posto nel versante settentrionale del Pizzo d’Uccello, il bacino si caratterizza per la qualità del suo popolamento di specie animali e vegetali, la presenza e distribuzione di habitat naturali e seminaturali d’interesse comunitario, dell’estensione, al suo interno, della riserva integrale del Pizzo d’Uccello e di altri territori ad essa adiacenti classificati come riserva generale orientata a prevalente carattere naturalistico e per la particolare distribuzione di geositi censiti all’international Geoscience and Geopark programme (Iggp) dell’Unesco, tra cui spiccano i circhi glaciali del Pizzo d’Uccello, la morena cementata di Valtredi e la forra del Solco d’Equi”.
“Non è mai facile decidere di far chiudere un’attività lavorativa – commenta il presidente del Parco Alberto Putamorsi- E’ necessario sempre soppesare gli interessi legittimi della tutela ambientale e quelli altrettanto legittimi del diritto al lavoro. In questo caso hanno prevalso i primi”.
Le tappe.
Il 1 giugno scorso al Parco delle Apuane arriva la richiesta di proroga della pronuncia di compatibilità ambientale numero 7 del 15 luglio 2013, rilasciata dal Parco per il progetto di coltivazione della cava Col Pelato – Poggio di Sante. L’ente ha dovuto verificare da una parte, se tale istanza risulti ammissibile alla luce di una specifica prescrizione contenuta nel Pit con valenza di piano paesaggistico della Regione Toscana, entrato in vigore il 5 giugno 2015, secondo cui “non sono ammesse ulteriori autorizzazioni all’escavazione sulla parete nord del Pizzo d’Uccello”, dall’altra ha dovuto valutare se fosse compatibile con il piano del parco entrato in vigore nel 2017.
I due strumenti di pianificazione stabiliscono norme tra loro convergenti e sinergiche nella direzione della massima tutela dell’area del solco d’Equi. “Il Piano per il Parco – si legge in una nota dell’ente – detta direttive e prescrizioni in materia di tutela dei beni ambientali e naturalistici, attribuendo significativa e specifica attenzione a quelli di natura geologica e geomorfologica vietando ogni attività in grado di modificare gli assetti geomorfologici e paesaggistici dei beni. Mentre il Pit, anche se non fornisce la cartografia, alla scheda 1 dei bacini estrattivi delle Alpi Apuane, riferita alle zone contigue di cava del Solco d’Equi e del Cantonaccio, individua la presenza di attività estrattive nella parte bassa del bacino del Solco d’Equi nonchè l’ubicazione della cava del Cantonaccio al di sotto della parete del Pizzo d’Uccello, ad alterare profondamente l’identità dei luoghi e a determinare un rilevante impatto paesaggistico, naturalistico e geomorfologico; così pure la tutela degli elevati valori paesaggistici dell’alta valle del Solco d’Equi e della morfologia naturale dei versanti e delle linee di crinale”.
I tempi sono stretti. Il 5 luglio scorso si riunisce anche il Comitato scientifico del Parco e si pronuncia interpretando la scheda 1 del Pit dichiarando che tali attività estrattive a cui si riferisce “sono esplicitamente riferite alle aree estrattive sia nella parte bassa del Bacino di Solco d’Equi, sia nel Bacino di Cantonaccio”.
Si arriva così alla delibera 28 che determina, come scritto nel dispositivo, “l’estensione di notevoli vincoli sull’area complessiva del Solco d’Equi, fino all’estremo della ‘non concessione’ di ulteriori autorizzazioni alle attività estrattive in esercizio o esercitabili nei bacini del Cantonaccio e del Solco d’Equi, soprattutto quando risulti la loro capacità potenziale di produrre trasformazioni irreversibili su aspetti paesaggistici e geomorfologici unici e di elevato valore e pregio, come per altro argomenta e sostiene anche il contributo interpretativo specificamente prodotto dal Comitato scientifico del Parco”.
Alla fine la delibera rende “inestraibili” circa 40 ettari di territorio, per lo più nel territorio di Casola e in parte in quello di Fivizzano.

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