Finisce in manette ma quella che le sequestrano non era droga: sarà risarcita per ingiusta detenzione

La Cassazione ha dato ragione a una 44enne della provincia di Lucca: in quello che credeva hashish non c’era traccia di principio attivo
Credeva di aver acquistato droga da un pusher e successivamente era stata arrestata dalle forze dell’ordine ed era rimasta in custodia cautelare da fine settembre a dicembre del 2015 quando è stata poi prosciolta definitivamente.
Dalle analisi della sostanza ritrovata infatti era emerso che non c’era minimamente traccia di principio attivo illegale in quel che lei pensava fosse hashish. Quasi 500 grammi di nulla di illegale ma alla vista delle forze dell’ordine aveva cercato di disfarsi dell’involucro ed era finita in manette. Ora deve essere risarcita per ingiusta detenzione.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione nei confronti della 44enne, residente in Lucchesia, che era finita nei guai a Livorno e al ritorno verso casa era stata fermata dalle forze dell’ordine. Proprio quel suo tentativo di disfarsi della presunta droga aveva convinto la Corte d’Appello a rigettare la sua richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione. Di diverso avviso gli ermellini: “Ciononostante, il giudice della riparazione, ponendosi in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, ha esaminato la condotta dell’interessata, sostenendo che la custodia in carcere fosse giustificata dalla condotta gravemente colposa della indagata, consistita nell’acquisto di un ingente quantitativo di sostanza che anche lei riteneva essere stupefacente, nell’avere cercato di disfarsene, al momento del controllo ed aver reso dichiarazioni non veritiere. Di contro, avrebbe dovuto tener conto del comma 2 dell’articolo 314 del codice di procedura penalem essendo risultato con decisione irrevocabile che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità. A fronte di siffatta carenza motivazionale l’ordinanza va annullata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Firenze cui va demandata altresì la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio”.
Il pusher che l’ha ingannata vendendole droga “inerte”, non volendo, alla fine l’ha salvata da guai peggiori. Ora il risarcimento per il periodo detentivo domiciliare ritenuto ingiusto dalla Cassazione.