Medaglia d’onore alla famiglia di Osvaldo Piercecchi deportato nei lager foto

La storia dell'uomo di Borgo a Mozzano internato in un campo di lavoro della Germania

Una cerimonia simbolica che ha voluto, ancora una volta, dare testimonianza della memoria attraverso la consegna, in Prefettura, delle medaglie d’onore ai familiari dei deportati nei campi di concentramento e una medaglia d’oro per le vittime del terrorismo.

Questa mattina (8 giugno) il prefetto di Lucca, Francesco Esposito, ha consegnato ai familiari di Sergio Parigini, internato civile, e Osvaldo Piercecchi, internato militare, nel rispetto delle misure anticovid, le medaglie d’onore ai cittadini italiani, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra ed ai familiari dei deceduti.

Nell’occasione è stata anche consegnata al primo maresciallo dell’esercito italiano Fernando Pervilli una medaglia d’oro per le vittime del terrorismo.

Alla consegna erano presenti i sindaci di Bagni di Lucca e di Viareggio.

E’ stato insignito del riconoscimento Osvaldo Piercecchi. Nasce a Diecimo di Borgo a Mozzano il 19 dicembre 1920, da Michele e Giuseppina Frugoli. Suo padre aveva preso parte come bersagliere alla prima guerra mondiale, riportando una menomazione per una ferita da baionetta. Quando Osvaldo ha tre anni, la sua famiglia – con i genitori e il fratello maggiore Bruno (un terzo fratello, più grande, era morto all’età di sei anni) – si trasferisce a Bagni di Lucca, dove poi egli vivrà per il resto della sua vita.

Da ragazzo impara il mestiere di falegname, essendo appassionato anche di scultura. Chiamato alle armi a guerra in corso, nel 1942, di stanza a Fossano di Cuneo, consegue la specializzazione di radiotelegrafista. Con il 56esimo Reggimento di artiglieria della divisione di fanteria Casale, il 5 novembre del 42 parte da Mestre via terra per l’Albania, per raggiungere poi la Grecia, dove la divisione viene dislocata nella zona compresa fra il golfo di Arta e quello di Patrasso, con presidi ad Agrinion, Amphilokia e Missolungi.

E’ ricoverato nell’ospedale da campo di Missolungi per circa un mese, da aprile a maggio del ’43. Qualche giorno dopo l’8 settembre, il 13, è catturato dai nazisti e deportato in campi di prigionia in Germania. Molto duro è il viaggio in carri bestiame e durissima la prigionia in uno dei lager nella zona di Amburgo, di cui non è per tutti possibile riscontrare gli elenchi, in gran parte distrutti dai nazisti. Come internato militare italiano (Imi) rifiuta la possibilità di rientrare in Italia, concessa a condizione di arruolarsi nell’esercito della Repubblica sociale.

Il lager è liberato nel 1945 dall’esercito inglese. Osvaldo riesce a fare avere sue notizie solo il 12 settembre 1945, attraverso la Segreteria di Stato vaticana, dal Campo B Serial 18 Walstrasse Hamburgo 24: è uno dei campi che gli inglesi hanno allestito per “displaced persons” (DP camps), spesso utilizzando gli stessi ex lager tedeschi, in attesa di organizzare il ritorno nei rispettivi paesi.

Tornato in Italia, Osvaldo si sposa, il 18 agosto 1946, con Annunziata Del Fiorentino, da cui avrà quattro figli: Mario, Sergio, Maria Luisa e Gabriella.

La fame, le malattie, i maltrattamenti, le angherie subite nei lager nazisti ne hanno minato la salute in maniera irreparabile. Nel 1959 ottiene la Croce al merito di Guerra per l’internamento in Germania. Muore l’anno dopo, a quarant’anni non ancora compiuti, il 19 luglio del 1960.

E’ stato insignito anche Sergio Parigini nato a Viareggio l’1 novembre 1926. Terzo figlio di Cosimo Parigini (di Montecatini), e di Giuseppina Zannelli (di Borgo a Buggiano), ha un fratello maggiore, Piero; una sorella, Pierina, è deceduta in tenera età. La madre è casalinga e il padre un’abile falegname, di simpatie socialiste e orientamenti antifascisti.

Durante la guerra, la famiglia, costretta come quasi tutta la popolazione di Viareggio allo sfollamento, ripara presso una famiglia a Camaiore, in località La Verdina.

Qui Sergio, all’età di soli 17 anni, è catturato dai tedeschi durante uno dei sempre più frequenti rastrellamenti, il 10 agosto del 1944. Avviato con i compagni di sventura a piedi, verso Lucca, il tragitto si ferma alla Sassaia (Massarosa), dove, l’11 agosto, i tedeschi uccidono 31 dei rastrellati, più altri sette provenienti dal campo di lavoro di Socciglia. Sergio, tra i superstiti, è fatto proseguire per Lucca, alla Pia Casa, divenuta luogo di raccolta di civili destinati al lavoro coatto. Da qui è trasferito, con tappa al campo di Fossoli, in Germania, nel campo di lavoro coatto di Gersthofen, ad Augsburg (Augusta), in Baviera.

Il lavoro è in una fabbrica chimica, la IG Farbwerke Hoechst, a imballare sostanze pericolose. E’ trasferito per punizione, come lui racconta “per scarso rendimento causa poco cibo e molta fame”, ad Augusta. Nel campo ci sono prigionieri francesi, polacchi, ucraini, cecoslovacchi. Qui trova condizioni ancora peggiori. Un episodio che ricorda della prigionia è quando una volta è preso a calci, riportandone per sempre un segno sulla mano destra. Sergio è messo a lavorare in una fabbrica di mitragliatrici, fin quando questa viene bombardata e rasa al suolo. Allora è utilizzato per lavori di riparazione della ferrovia o delle abitazioni, finché, sul finire della guerra, riesce, con due amici viareggini, a fuggire e, in parte a piedi, in parte con mezzi di fortuna, riesce ad arrivare fino a Milano, proprio nei giorni della liberazione della città.

Da Milano in treno fino a Piacenza, poi a piedi sulla Cisa, poi su un camion, arriva a casa, irriconoscibile.

Difficile e lenta è la ripresa: espletato il servizio militare, diviene odontotecnico. Nel 1951, avviene il matrimonio con Fiorella Cerri, da cui nascono Stefania e Andrea. Sergio ha sempre voluto raccontare con passione la sua storia, anche ai nipoti, ma negli ultimi anni fa fatica, si commuove e il ricordo gli rinnova la sofferenza. Sergio è deceduto il 12 Aprile dell’anno scorso, il giorno di Pasqua.

Riconoscimento, come si diceva, anche per il maresciallo dell’esercito Fernando Pervilli. Primo maresciallo dell’esercito italiano, effettivo al reparto comando e supporti tattici Folgore di Livorno, nell’ambito di un ’operazione in Afghanistan denominata Preasidium, quale sottoufficiale con l’incarico di capo centro sistemi C4 della task force Lince è rimasto ferito, il 30 maggio 2011, durante un attentato terroristico ad Herat.

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