Aule ‘virtuali”, i giovani avvocati: “No allo stravolgimento del processo penale”

Parla il vicepresidente di Lucca, Mauro Domenici: "Sì alla tecnologia per deposito atti, comunicazioni e notifiche"

Processo penale in remoto, i dubbi dell’associazione italiana giovani avvocati.

Tra le novità del decreto Cura Italia, infatti, introdotte con un maxi emendamento spiccano quelle attinenti all’esercizio dei diritti di difesa. Infatti le nuove norme prevedono che “fermo quanto previsto dal comma 12, dal 9 marzo al 30 giugno le udienze penali che non richiedono la partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private e dai rispettivi difensori, dagli ausiliari del giudice, da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, da interpreti, consulenti o periti possono essere tenute mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del ministero della giustizia”.

“Si tratta – dice l’avvocato penalista Mauro Domenici, vicepresidente di Aiga (Associazione italiana giovani avvocati) sezione Lucca – di una modalità di celebrazione del processo, con avvocati e giudici che stanno seduti davanti ad un computer, che comporta di fatto uno sconvolgimento del luogo principe e deputato al confronto dialettico delle parti processuali ovverosia l’aula del tribunale”.

Non è ammissibile – prosegue l’avvocato Domenici – che il processo penale venga, in nome dell’emergenza epidemiologica, stravolto e trasformato in un processo in videoconferenza, comprimendo così il diritto di difesa ed il contraddittorio che presuppongono l’oralità e l’immediatezza dell’accertamento giudiziale. Oltretutto, con il rischio concreto che il processo virtuale, introdotto inizialmente per far fronte a questo periodo emergenziale, possa divenire nell’immediato futuro la nuova formula di celebrazione di tutti i processi penali”.

“A tutto questo – prosegue l’avvocato Domenici – si aggiungano le preoccupazioni derivanti dalla sicurezza delle informazioni che andranno a transitare su questi canali telematici e su chi avrà accesso, in qualità di “soggetti legittimati” o di “amministratori di sistema” ai metadati delle singole sessioni nonché ad alcuni dati di carattere giudiziario quali, ad esempio, la condizione di soggetto sottoposto alle indagini o di imputato, magari in vinculis. La protezione delle informazioni relative alle persone sottoposte a fermo, arresto o custodia cautelare deve infatti essere assicurata anche nel corso del periodo emergenziale”.

“Ma se da un lato – conclude – un particolare uso delle nuove tecnologie mal si adegua alla natura del processo penale, dall’altro riforme rivolte alla creazione di un processo penale telematico che consenta il deposito degli atti mediante strumenti alternativi, nonché di effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze a mezzo pec, permetterebbe ai difensori di operare in sicurezza, limitando gli accessi alle aule di tribunali solo a quanto strettamente necessario per la tutela dei propri assisiti”.

 

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